lunedì 24 marzo 2014

Piccole cose belle.

Una passeggiata per mano con i miei genitori cantando Papaveri e papere; l'arcobaleno fuori dalla finestra della mia prima casa con mia madre, la mantide religiosa e l'aver disegnato il muro della cameretta; la lotta con i sassi alla "montagnola" quando il parco non era ancora Parco della Pace ma una distesa di fango e terra; i cartellini da arbitro di mio papà; i Togo e la macchinina di nonno Colombo e il giro sulla Fiat Mirafiori blu; i trattori alla fiera; la puntura d'ape alla "fornace"; la fabbrica di mio nonno, il frutteto e il laghetto; le tazzine di nonna Isa; il Commodore 64 di Ogan e l'Atari di Richy; il libro con le foglie insieme a mia madre; mio padre che diventa portiere in una sfida a calcetto tra adolescenti; le vacanze in montagna; la scorpacciata di mirtilli che poi mirtilli non erano con i miei fratelli; accompagnare mio fratello allo stage della nazionale di karate; la prima partita di basket vista da mio fratello Stefano; le domeniche con Andrea a vedere la Vigor; Isa, il primo bacio, la prima volta che abbiamo fatto l'amore, la prima volta che ho capito che sarebbe stato per sempre; i Momotag; il concerto dei Pink Floyd; l'ultimo esame; il concerto di Rube e Nuccio sotto l'università dopo la discussione della tesi; il caffè con Isa all'alba sul terrazzo guardando il mare; la maratona di Firenze; le maratone; le pance di Isa; la nascita di Fede; la nascita di Lori; i "ti voglio bene" dei miei figli; Fede dopo "il" canestro; Lori e Babbo Natale.

Sono fortunato


mercoledì 19 marzo 2014

Io Papà

Ciao Ragazzi.Ciao Fede, ciao Lori.
Non so perchè vi scrivo questa lettera. Forse perchè sono un debole. Forse perchè sono più forte di quello che penso. Di sicuro perchè sono un sentimentale. Nel senso che credo che le emozioni non vadano represse, ma fatte esplodere, come loro vorrebbero fare.
I padri servono a  tante cose e non servono a niente.
Siamo come dei bambini che mettono una barca a vela in miniatura sullo specchio d'acqua di un lago e pretendono poi di poterla riprendere quando vogliono. Invece rimaniamo sulla riva. Seduti. Magari  affidando alle brezze o alle burrasche, parole di incoraggiamento e consigli. Che a volte arrivano a volte no, o a volte arrivano e vengono ignorati. Io come un bambino seduto su quella riva, vi vedo e vi vedrò navigare. Spero di avervi fatto una prora robusta, capace di resistere alle onde; delle vele maneggevoli e resistenti per virare rapidamente evitando gli ostacoli e per entrare in  porti lontani dove io non ho avuto il coraggio o la fortuna di andare; spero di avervi insegnato a rimanere ben saldi al timone, anche nelle tempeste. E spero infine di avervi fatto leggere quante più carte possibili, per poter scegliere autonomamente la vostra rotta.
Farò di tutto per essere per voi sempre un porto sicuro, dove poter tornare per riposarsi, per rileggere le pagine dei vostri libri, per rivedere le immagini del nostro passato. Solo per pochi giorni. Perchè le navi sono fatte per esplorare il mondo. Non per rimanere in porto.




Le mie foto su Istagram e Istaprints

Oltre a scrivere poco (e neanche molto bene), sono sempre stato attratto dalla fotografia. Istagram (e gli smartphone) mi ha dato la possibilità di avere uno strumento sempre pronto ed una piattaforma sulla quale condividere i miei scatti. Senza pretese, a volte immagini bloccate da una giornata di lavoro o in famiglia, queste foto descrivono senza velleità artistiche, le mie giornate. Gocce della mia vita.





Le mie foto su Istaprints

venerdì 14 marzo 2014

Le mie parole

Raramente ho pubblicato scritti di altri su questo blog. Forse, a memoria solo due. Questa se non ho sbagliato il conto è la terza. Per me sono le parole di un poeta. Uno di quelli con la P maiuscola, che ha avuto dalla sua la fortuna di essere anche musicista.
Sono parole che vorrei aver digitato io sulla tastiera, o scritto con quel mozzicone di matita con il quale scrivevo i testi delle canzoni del mio gruppo. E comunque, le parole sono una delle cose più belle del creato.


SAMUELE BERSANI - LE MIE PAROLE
Le mie parole sono sassi
precisi aguzzi pronti da scagliare
su facce vulnerabili e indifese
sono nuvole sospese
gonfie di sottointesi
che accendono negli occhi infinite attese
sono gocce preziose indimenticate
a lungo spasimate e poi centellinate, sono frecce infuocate che il vento o la fortuna sanno indirizzare
Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato
un viso sordo e muto che l'amore ha illuminato
sono foglie cadute
promesse dovute
che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
sono note stonate
sul foglio capitate per sbaglio
tracciate e poi dimenticate
le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire
lo ammetto
strette tra i denti
passate, ricorrenti
inaspettate, sentite o sognate...
Le mie parole son capriole
palle di neve al sole
razzi incandescenti prima di scoppiare
sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare
piccoli divieti a cui disobbedire
sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo
che non mi riesce di spiegare
fanno come gli pare
si perdono al buio per poi ritornare
Sono notti interminate, scoppi di risate
facce sopraesposte per il troppo sole
sono questo le parole
dolci o rancorose
piene di rispetto oppure indecorose
Sono mio padre e mia madre
un bacio a testa prima del sonno
un altro prima di partire
le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire...
strette tra i denti
risparmiano i presenti
immaginate, sentite o sognate
spade, fendenti
al buio sospirate, perdonate
da un palmo soffiate

lunedì 10 marzo 2014

We can be heroes, just for one day.

Qualcuno mi chiede perchè corro per tante ore di seguito. Per questo. We can be heroes, just for one day.

mercoledì 5 marzo 2014

Ultramarathon Terre di Siena - 50 km - 2 maggio 2014

L'emozione di finire una gara è sempre tanta. Stavolta ha raggiunto quasi i miei massimi: era da tanto che non correvo per più di 30 km e non ero sicuro di riuscire a concludere questa piccola "impresa" (lo so ...è tutto relativo...).
Parto con Cristian Carboni, amico e compagno di squadra che si è lasciato trascinare volentieri in questa avventura, visto che sta preparando Il Passatore.
Dormiamo a Siena a poco dalla partenza  e la sera prima della gara, approfittiamo per fare un giro in centro pregustando i 2/3 km che ci porteranno in Piazza del Campo.
Il giorno dopo l'autobus ci porta a San Gimignano. Meravigliosa. Alle 9 si parte. Dal centro storico si entra nella campagna toscana. Le torri di San Gimignano ci seguono. Poi, piano piano, scompaiono dietro alle colline. La gara procede bene, incontro compagni di strada sempre nuovi. Non ho il gps. Seguo i km dai cartelli posizionati ogni 5 km. Al 20simo km un corridore mi dice che stiamo andando a 4'54''al km. Troppo forte, ma vado bene e non mi sono reso conto di nulla. Il percorso è duro, con salite corribili ma lunghe,  o brevi e ripide. Passiamo Colle Val D'Elsa di slancio e arriviamo al castello di Monteriggioni. Bellissimo. La fatica si sente: la salita al castello è stata dura. Al 32simo ho una crisi. In salita cammino, ma comunque corro sia in pianura che in discesa. Al quarantesimo km c'è una altra salita: mi ricordo l'altimetria e dovrebbe essere l'ultima, prima dell'arrivo a Siena. La testa ritrova l'equilibrio, le gambe ritrovano la forza per correre. Ci siamo. Mancano 10 km ma so che ormai ho vinto: arriverò in Piazza del Campo. Non so quanto tempo è passato dallo start. Mi vengono in mente tantissime cose. A cosa pensa un uomo mentre corre 4/5/6 ore? A niente e a tutto. A mia moglie, stavolta più delle altre volte. Ai miei figli. Ai miei familiari, a qualche amico, alla musica, al lavoro, alle cose più disparate. I pensieri si rincorrono e i passi mangiano la striscia di strada che si dipana sotto le scarpe. Arrivo alla porta che segna l'ingresso a Siena. Passo in mezzo a turisti indifferenti e a qualche curioso che ti guarda tra l'ammirato e lo sconcertato:" cinquanta km?!? Oi ma son pazzi!". Poi una ragazza mi applaude. L'emozione mi riempe il corpo dalle scarpe ai capelli. Poi anche un gruppo di giapponesi mi incita. Arrivo all'ultima strada prima dell'arrivo recupero il telefono e chiamo Isa. La mia famiglia non è potuta venire ma voglio comunque condividere la mia gioia con loro. Arrivo in piazza. La gente applaude. Sono veramente felice. Felice di esserci riuscito ancora una volta. Felice di aver fatto un buon tempo piazzandomi a metà classifica di una gara dura. Lo speaker mi ferma per una intervista e mi dice che Cristian è terzo assoluto. Grande. Riparto di corsa, lo vedo e lo prendo in braccio per portarlo in trionfo. Due metri però. Sono cotto! Cotto ma felice ed emozionato per Cristian. Se lo merita proprio: una ragazzo umile ma determinato, che finalmente ha trovato la sua ricetta per diventare uno dei più forti.

E' stata difficile e molto faticoso. Ma l'ultramaratona non è un pranzo di gala.